Articoli Osservatorio
Cos'è il terrorismo?
Parrà strano, ma a livello internazionale manca ancora una definizione condivisa di cosa sia il terrorismo. Eppure i trattati per reprimerlo non mancano.

La storia dietro una parola
Quando è stato usato il termine terrorismo per la prima volta? Che significato aveva? E che significato ha preso negli anni?
GhigliottinaIl termine “terrorismo” venne usato per la prima volta durante la Rivoluzione Francese per indicare il periodo più duro di repressione da parte del Comitato di Salute Pubblica, durante il quale migliaia di persone furono condannate alla ghigliottina dai tribunali rivoluzionari. Altre definizioni usate furono il “Regno del Terrore” o anche solo “Il Terrore”. Queste termini furono connotati positivamente dai rivoluzionari (lo stesso Robespierre disse che “il Terrore non è altro che la giustizia veloce, severa e inflessibile”), mentre chi era contro la rivoluzione ne dette una connotazione negativa; ad esempio in Inghilterra Edmund Burke scrisse che in Francia durante la Rivoluzione venivano “sciolti fra le persone quei cani infernali chiamati terroristi”.

Nel 1815, quando ad essere perseguitate erano le persone sospettate di avere un passato rivoluzionario o di aver appoggiato Napoleone, la repressione venne chiamata il cosiddetto “Terrore Bianco”.

Nella seconda metà dell’800 il termine “terrorismo” venne usato dagli anarchici per indicare la loro politica di uccisione dei potenti per ottenere cambiamenti sociali e politici “rivoluzionari”. Questa politica prendeva le basi dalla dottrina del Tirannicidio che per secoli aveva appassionato i filosofi, che fin da Cicerone avevano considerato legittima l’uccisione del tiranno. Così fra fine ‘800 e inizio ‘900 svariati re, zar, presidenti e funzionari di stato furono assassinati dagli anarchici in Europa e Stati Uniti, sia con colpi di arma di fuoco, sia con bombe (che in qualche caso provocavano la morte di molte persone). In questo modo il termine “terrorismo” cominciò ad avvicinarsi al significato odierno della parola.

Il primo gruppo terrorista di tipo moderno fu la Narodnaya Volya (Volontà del Popolo), attivo in Russia fra il 1878 e il 1881: il gruppo uccideva selettivamente i rappresentanti dello stato per educare il popolo attraverso la “propaganda dei fatti”. Il 1° di marzo del 1881 la Narodnaya Volya giunse fino ad uccidere lo Zar Alessandro II. In quegli anni negli Stati Uniti anche il Ku Klux Klan utilizzò il terrorismo soprattutto contro neri; altrove furono gli indipendentisti irlandesi, macedoni, armeni, bengalesi e gli Ustascia croati (fascisti) ad utilizzare il terrorismo contro lo stato percepito come occupante.

Come si vede il terrorismo faceva ormai parte della pratica politica sia dell’estrema sinistra che dell’estrema destra, nazionalisti compresi. Dal punto di vista giuridico i reati commessi dai terroristi venivano considerati come "reati politici" e tali sono rimasti in quasi tutti i codici.

Manifesto contro BushNel dopoguerra, a partire dagli anni ‘60 e ‘70, il terrorismo divenne pratica comune quando vari gruppi, di estrema destra o nazionalisti, indipendentisti e/o di estrema sinistra, cominciarono ad uccidere capi di stato e funzionari pubblici (soprattutto poliziotti o militari), ma anche a dirottare aerei e provocare stragi indiscriminate. In quegli anni il termine “terrorismo” assunse una connotazione talmente negativa che nessun gruppo si è più definito “terrorista” e ogni accusa in tal senso viene ormai rispedita al mittente.

E’ per questo motivo che a livello internazionale non si è riusciti ad accordarsi su una definizione comune di “terrorismo”. Anche se vi è una certo accordo sul fatto che si possa parlare di terrorismo quando vengono colpiti intenzionalmente i civili, alcuni tuttavia ritengono che certe azioni di comunemente ritenute “terroristiche” siano solo uno dei tanti modi di combattere e quindi chi le compie sia un "combattente per la libertà" oppure - in maniera a prima vista più neutra - un “militante” o un "attivista" e la sua lotta possa addirittura essere definita “resistenza”.

Per questi motivi non è ancora stato approvato il progetto presentato dall' India alle Nazioni Unite per l’approvazione di una convenzione globale in materia di lotta al terrorismo.

Il terrorismo? Lo riconosco quando lo vedo
Sembra quasi che la definizione più accettabile di “terrorismo” sia quella che a suo tempo venne data dal giudice americano Potter Stewart per la pornografia: “la riconosco quando la vedo"
Nonostante non vi sia una definizione ufficiale di cosa sia il “terrorismo”, le leggi, le convenzioni e i trattati in merito alla punibilità del reato di terrorismo non mancano, sia a livello locale, sia a livello internazionale. Sembra quasi che la definizione più accettabile a livello internazionale di “terrorismo” sia quella che a suo tempo venne data dal giudice americano Potter Stewart per la pornografia: “la riconosco quando la vedo”.Autobus israeliano distrutto da attentato

Nonostante questa grottesca mancanza di accordo su cosa sia il terrorismo, presso le Nazioni Unite è stata tuttavia elaborata nei decenni una dottrina giuridica basata sull’interpretazione della Carta delle Nazioni Unite e su alcune convenzioni e dichiarazioni siglate nel corso dei decenni. Si tratta in particolare della Convenzione di Tokyo del 1963 sui reati e altri atti commessi su aerei, dell’Aja del 1970 sulla repressione della cattura illecita di aeromobili e di Montreal del 1971 sulla repressione di atti illeciti contro la sicurezza degli aeromobili; fino alla Convenzione sulla cattura di ostaggi del 1979, alla Convenzione di Roma del 1988 sul terrorismo marittimo, alla Convenzione di New York del 1997 sulla soppressione degli attentati esplosivi terroristici, e alla più recente Convenzione di New York del 1999 sulle misure contro il finanziamento del terrorismo. Quest'ultima impone alle parti di processare o estradare le persone accusate di finanziare attività terroristiche e di consentire l’identificazione delle transazioni bancarie sospette.

Dopo quanto accaduto dell’11 settembre 2001 a New York, il Consiglio di sicurezza ha condannato chiaramente gli attentati, qualificandoli “atti di terrorismo internazionale” e quindi una “minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali” facendo riferimento al diritto naturale di legittima difesa individuale e collettiva secondo la Carta.

Infatti, in mancanza di una convenzione contro il terrorismo, la base legale per la punibilità del terrorismo internazionale è l’interpretazione dell’art. 2, par. 4, della Carta delle Nazioni Unite, che recita: “I Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall'uso della forza, sia contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite”. Secondo le interpretazioni correnti di questo articolo infatti, ogni stato ha il dovere di astenersi dall’organizzare, istigare, assistere o partecipare ad atti terroristici in altri Stati o dal tollerare attività organizzate sul suo territorio dirette alla commissione di atti terroristici, quando tali atti implicano la minaccia o l’uso della forza. In base a questa interpretazione era stato possibile, ad esempio, applicare sanzioni economiche alla Libia per l’attentato di Lockerbie (nel quale morirono 259 passeggeri).

In base a questa dottrina, gli atti di terrorismo internazionale vengono trattati come “minacce alla pacesecondo l’art. 39 della Carta delle Nazioni Unite, che recita: “Il Consiglio di Sicurezza accerta l'esistenza di una minaccia alla pace, di una violazione della pace, o di un atto di aggressione, e fa raccomandazione o decide quali misure debbano essere prese in conformità agli articoli 41 e 42 per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale”.

Con la risoluzione 784 del 31 marzo 1992 era stata evidenziata l’esistenza di un obbligo di cooperazione nella repressione del terrorismo, in base al diritto internazionale, facendo divieto agli stati di finanziare il terrorismo, obbligandoli a congelare beni, fondi e risorse economico-finanziarie di persone ed entità implicate nel terrorismo, imponendo loro di rifiutare la concessione dell’asilo politico alle persone coinvolte in atti di terrorismo e di reprimere e punire i reati di terrorismo.

Daniel Pearl prima di essere decapitatoNonostante vi sia quindi un certo consenso su come punire il terrorismo, il mancato consenso sulla mancata definizione di cosa sia il terrorismo ha fatto sì, fra le altre cose, che il terrorismo internazionale fosse esplicitamente eliminato dai reati per cui è competente il Tribunale Internazionale.
(Si veda in proposito il saggio “Le Nazioni Unite e la lotta al terrorismo” di Sergio Marchisio)




Cosa spinge un terrorista “kamikaze”?
La rivista «Science» ha studiato la psicologia del kamikaze e ha scoperto che fanatismo e disperazione non sono le cause del terrorismo suicida.
Scott Atran, un ricercatore del Cnr francese, ha pubblicato uno studio su “Science” dopo aver cercato di capire i membri di Hamas e della Jihad islamica, che si fanno saltare in aria nelle pizzerie o ristoranti israeliani, le Tigri Tamil che fanno attentati suicidi in Sri Lanka da decenni, ma anche i kamikaze che hanno fatto attentati in India, in Kurdistan, in Cecenia, o a New York ...

Il “fanatismo “ non aiuta a spiegare il fenomeno. La “disperazione” tantomeno. Gli uomini-bomba non sono più poveri e meno acculturati della media, anzi. Neanche lo stress della guerra infinita o la vita disperata dei campi profughi sembra entrarci perché analizzando in dettaglio i casi dei terroristi suicidi si scopre che sono persone sostanzialmente “normali” dal punto di vista psicologico, forse meno depresse e disturbate della media.

Tutti però hanno in comune una forte religiosità e un forte impegno sociale e il senso di appartenenza al gruppo terroristico. E proprio questa è la chiave per capire il fenomeno. Anche i kamikaze giapponesi della seconda guerra mondiale venivano indottrinati in comunità chiuse dove venivano affratellati dalla consapevolezza di aprtecipare a qualcosa di importante e di segreto, in una logica mistico-militare. Il sacrificio individuale poteva portare alla salvezza degli altri. “Le interviste condotte sia alle reclute del gruppo pachistano alleato di al Qaeda, Harkat al-Ansar, sia a quelle di Jemaah Islamiyah (Singapore) confermano questo senso di appartenenza al gruppo forgiato sulla ricerca ossessiva della segretezza e sulle letture del Corano”, si legge nell’articolo di Scott Atran.

Altra parola chiave è «obbedienza all'autorità». Da molti anni è noto che l’obbedienza alle autorità è in grado di determinare nelle persone comportamenti abnormi (come la tortura nell’esperimento di Milgram).

Questi due fattori – senso di appartenenza al gruppo e obbedienza all’autorità – vengono coltivate a lungo dai gruppi terroristici in modo da ottenere la perfetta bomba umana. Vengono scelti di preferenza giovani maschi non sposati, per impedire che il senso di appartenenza ad altri gruppi (la famiglia) distolga dal fine ultimo. Secondo un’indagine condotta da una commissione parlamentare di Singapore sulla Jemaah Islamiyah, il tempo di reclutamento dei terroristi suicidi nelle scuole dell’associazione è di almeno 18 mesi. E allora si capisce perché i “talebani” avessero messo su un esteso sistema di “scuole” dove fare proseliti, fra i quali selezionare gli aspiranti “martiri”.

E allora come prevenire il fenomeno? Secondo Science bisogna agire innanzitutto sulla istituzionalizzazione e al vasto consenso sociale che circonda le organizzazioni terroristiche. Bisogna insomma mettere in discussione il prestigio politico e culturale delle organizzazioni terroristiche, anche stimolando il confronto interreligioso e nuove forme di dibattito ed educazione civica.


E in Italia?
Dagli anni '70 a oggi le leggi non mancano, ma manca ancora la definizione adeguata di "terrorismo internazionale".
Aldo Moro in prigioniaSe a livello internazionale la situazione è ancora confusa, a livello di legislazioni nazionali, la situazione è abbastanza chiara. In Italia ad esempio la parola “terrorismo” era contenuta nel Codice Penale fin dal 1978, quando viene inserito l'articolo 289bis che espressamente menziona la finalità di terrorismo quale circostanza aggravante del reato eventualmente commesso.

Bomba mafiosa agli Uffizi di FirenzePiù recentemente, dopo l’11 settembre, ma con l’esperienza del terrorismo mafioso degli anni ’90, in Italia sono state approvate nuove leggi (438, 415 e 431) con le quali è stato introdotto il reato associativo di terrorismo internazionale e stabilite norme sanzionatorie e premiali per ottenere la dissociazione e la collaborazione di persone interne ai gruppi terroristici. Inoltre è stato dato maggiore potere investigativo in caso di sospetto terrorismo.

Sono norme che in nuce contengono il rischio, già diventato realtà in altri paesi, che le nuove leggi introdotte dopo l’11 settembre, limitando gravemente i diritti individuali, portino a violazioni dei diritti umani (si veda in proposito, su questo sito, Guantanamo, carcere per “combattenti nemici” e "Terrorismo e pena di morte"). Eppure rischiano di non essere efficaci contro il terrorismo internazionale. Infatti, come è stato fatto notare da molti, le leggi italiane sul terrorismo mirano a salvaguardare lo stato “italiano”, ma nulla possono contro associazioni terroristiche presenti in Italia che abbiano lo scopo di attentare a stati esteri.

Anche in questo caso, per ovviare al problema, la legge è stata interpretata da vari tribunali e anche dalla Corte di Cassazione, in modo da far rientrare nell’interesse dello stato italiano anche “salvaguardare i rapporti politici e commerciali internazionali”. Si veda in proposito: Il reato di terrorismo internazionale come introdotto dal Decreto-Legge 18 ottobre 2001: alla ricerca di una nozione possibile, di Luca Bauccio Avvocato in Milano

Un ripensamento della gestione della violenza
Terrorismo = crimine contro l'umanità?
E’ chiaro però che è non si può andare avanti a interpretazioni estensive delle leggi attuali. Urge, anche a livello nazionale, un serio dibattito e una concreta presa di posizione su quali siano gli atti legittimi di violenza e quali non lo siano. Un ripensamento sul monopolio della violenza e la sua gestione che inevitabilmente riguarderà anche il modo di condurre le guerre, di difendere i civili e di reprimere o contentere gli oppositori violenti.

Intanto, la proposta dell'India è quella di considerare il terrorismo come un crimine contro l'umanità, e in quanto tale soggetto al Tribunale Penale Internazionale. Ma questa proposta per ora non ha raccolto molti consensi ...
(23.06.2004) - L'urlo contro la pena di morte